La nostra storia
Ogni storia ha un principio. Questo è il nostro…
Il nostro percorso
“Non si chiude il mondo fuori di sé”. Anonimo (sec. XX)
La sensibilità femminile unita a una fede straordinaria: è questo il lievito che ha fatto crescere la prima idea di un “motore umanitario”, di un braccio caritativo della parrocchia centrale di Mestre: oggi è nota come Banca del tempo libero ma all’origine era solamente “una squadra” costituita da una suora e tre signore, che nel lontano 1981 frequentavano il Duomo cooperando “per alleviare sofferenze e disperazione”.
Per quelle donne sensibili, la sofferenza diffusa in un determinato strato della popolazione era una vera “spina nel cuore”, che veniva affrontato come un caso di coscienza.
Mestre non era più la cittadina che Hemingway aveva visitato nel 1918: era una fungaia di condomini costruiti senza regola fin dagli anni 50. Uno sviluppo tumultuoso che comportava un cambiamento violento ormai evidente a tutti.
Ma non tutti leggevano i “segni del tempo”, non tutti percepivano “la pena degli altri”. La situazione esigeva servizi adeguati e, soprattutto, reclamava nuove disponibilità che in qualcuno – e per fortuna – si chiamano ancora oggi responsabilità.
Dove l’ente pubblico non riusciva a svolgere interamente i suoi compiti, lì poteva crescere un servizio nuovo, caritativo, di ispirazione cristiana e di senso civico. Ebbene, quello era lo spazio in cui realizzare l’idea di solidarietà delle fondatrici.
Ci voleva un gesto, però, un’azione da buon samaritano.
E non è mancato. Infatti, con il provvidenziale sostegno di mons. Valentino Vecchi, il parroco di allora, le “pie donne” mestrine hanno cominciato ad agire.
Si sono rivolte immediatamente alla parte più debole della società, gli anziani: erano una emergenza che parlava di povertà, isolamento, malattie, abbandono. E subito dopo, anche grazie all’uso di spazi della parrocchia, si sono rivolte a un’altra condizione di sofferenza: il popolo degli handicap, allora vissuto pesantemente dalle famiglie.
Questi due problemi sono diventati presto due servizi: il Gruppo terza età con incontri ricreativi e culturali, con qualche lezione di catechesi, con visite a domicilio e, grazie a un’anziana facoltosa e generosa, anche soggiorni di piccoli gruppi in montagna. Per i giovani handicappati è nato il Gruppo Arcobaleno, un titolo simbolico e gioioso, tanti colori per tante situazioni……
In questa fase di avviamento, alla BTL sono arrivati i rinforzi – per dire quanto sia forte l’attrazione del bene – e si chiamavano Lucia, Graziella, Paola, Donata, Lucia, Andrea, Diva, Maria Grazia, Wanda, Raffaella ecc. ecc. Persone motivate che non curavano solo i rapporti con i disagiati ma sapevano fare anche lavori come la pulizia dei pavimenti.
E’ questo il periodo in cui si costituisce anche la Segreteria e poi il Centro di ascolto; si crea il Gruppo di lavoro: donne in età che costituiscono una specie di circolo della manualità donnesca; iniziano le visite alla Casa di riposo; in sede si ospita il primo Telesoccorso; si apre il Doposcuola gratuito. E’ il momento di nuovi volontari e degli obiettori di coscienza (due di loro sarebbero diventati uno francescano e l’altro salesiano). In via Giovanni XXIII i problemi sia economici sia esistenziali, specchio di sempre nuove situazioni esterne, hanno trovato un pronto soccorso, che era, poi, un “fare qualcosa per la città”.
E gli anni trascorrono, e la BTL affronta nuove problematiche. Per esempio, quella di giovani donne e mamme in situazioni di estrema precarietà: un’emergenza che sarà affrontata e risolta con l’apertura della Casa di accoglienza (1989) autentico rifugio per donne , soprattutto giovani, che subivano esperienze dolorose di violenza o abbandono. E qui si apre il grande “cuore” della città, in una gara di solidarietà a donare, a partecipare con entusiasmo.
Con questa partecipazione corale, la BTL ha potuto contare in primis sulla parrocchia del Duomo retta da mons. Centenaro, subiro è arrivato un forte contributo finanziario dalla Regione, poi c’è stata la generosità dei club service di Mestre – in particolare il Lions e il Soroptimist – e poi della storica Mestre Benefica, dei commercianti del centro, di piccoli industriali, di ristoratori, dell’associazione parrucchieri: tutti hanno voluto quella Casa, unendosi in un unico disegno come tessere di un mosaico di umanità: indimenticabile!
E così è stato adattato uno spazio protetto nella Casa della comunità (dietro la Standa di Via Carducci), che fu inaugurato dal patriarca Cè.
Finiva così un periodo di assoluta incertezza, quando giovani incinte dovevano essere ospitate dalle volontarie a casa propria, e quando si aprirono letti di fortuna negli stessi uffici dell’associazione!
Ben presto un’altra emergenza si è imposta con forza: sono arrivati i primi fuggiaschi albanesi, fra loro una famiglia in transito verso l’America. Tutti sono stati ospitati temporaneamente in una casa privata e per un periodo anche nella nostra sede, e hanno trovato anche un lavoro…
Da allora, i migranti sono diventati ben presto una costante della missione caritativa aggiungendosi alla pressante presenza di bisognosi italiani. Un cenno merita anche l’iniziativa denominata Un letto per te.
La risposta della BTL alla complessa richiesta di aiuto è stata – e lo è tutt’oggi – duplice: l’apertura del Corso di lingua italiana per stranieri e il servizio Distribuzione alimentari per famiglie con reddito insufficiente. Cultura e carità materiale insieme.
Fino al Corso di computer che favorisce l’uso di uno strumento di comunicazione che può risultare indispensabile nella ricerca di un lavoro La nostra “filosofia” del dono si esprime, poi, tutti i giorni perché siamo presenti, vigili e disponibili come lo erano le buone samaritane del Duomo nei primi giorni di questa associazione tanti anni fa: un dialogo mai interrotto con la Vita che per noi si esprime in decine, poi centinaia e ormai migliaia di persone alle quali abbiamo aperto la porta – in via Giovanni XXIII n. 4 – e il cuore.